lunedì 25 marzo 2024

RECENSIONE - L'OSPITE DEL MISTERO. UN NUOVO CASO PER MOLLY GRAY DI NITA PROSE

 

Tornano le avventure della cameriera investigatrice Molly Gray.
L’avevamo lasciata dopo la burrascosa avventura della volta precedente con la morte al Regency Grand del signor Black e con la detective Stark che pensava a lei come all’assassina. Ma con il suo acume, al di fuori del normale, Molly era riuscita a far capire alla detective che si stava sbagliando, e di grosso.
La giovane cameriera ama molto il suo lavoro, che svolge in maniera maniacale, ed è molto attenta ai dettagli, tanto da fungere da preziosa testimone di quello che succede attorno a lei, rischiando però di essere sospettata per la sua troppa sincerità.
La ritroviamo sempre al Regency Grand Hotel, quattro anni dopo, con indosso la tanto agognata targhetta della promozione. Ora è lei la governante e ha anche una tirocinante che la segue come un cagnolino, Lily, muta come un pesce.

In questo episodio tornerà ad affacciarsi il passato di Molly Gray.
Infatti l’autore di gialli di fama mondiale J.D. Grimthorpe terrà una conferenza stampa proprio nell’hotel dove Molly lavora. Nessuno sa che da bambina Molly ha lavorato presso la villa di Grimthorpe, e nessuno sa chi è veramente quell’uomo.
Durante la conferenza stampa J.D. Grimthorpe muore avvelenato dal tè preparato niente di meno che da una cameriera e la Stark, come al solito, ha in mente lei, Lily, come prima colpevole.
Ma Molly non ci sta, e aiutata dai fidi Angela la barista del Social e da Preston il portiere dell’hotel, riuscirà, con i suoi modi sconclusionati a mettere la Stark sulla giusta via.

Pure non essendo il “mio” tipo di giallo, il libro è scritto in maniera impeccabile. La Prose sembra una vecchia Agatha Christie. I personaggi sia i primari che i comprimari hanno tutti un ruolo ben preciso da svolgere, che girano intorno alla protagonista, la cameriera-governante, che seppur nel suo essere diversa, ha la facoltà di notare cose che altri non notano e le basta il tintinnio di un cucchiaino d’argento su una tazza di porcellana, per rimettere le cose nel verso giusto.
In questo secondo romanzo, verranno scoperte altre cose sulla vita passata di Molly, con il “fantasma” della nonna sempre presente a dirle cosa sia giusto o sbagliato.
Romanzo gradevole per gli appassionati del genere giallo soft, con qualche tocco di humor.

Silvia Marcaurelio


martedì 27 febbraio 2024

RECENSIONE - Notte di neve e sangue di Tríona Walsh

Per commemorare il decimo anniversario della scomparsa di Cillian Flaherty, un gruppo di amici di vecchia data, tra cui anche sua moglie Cara Folan, si riuniscono per la settimana che anticipa il Capodanno sull’isola più grande dell’arcipelago delle Aran, Inis Mór.
Gli amici, Daithí, Maura e Cara, continuano la loro vita sull’isola. Uno come proprietario del pub Derrane, Maura Conneely come insegnante elementare e Cara come unica “Garda” poliziotta del posto. Gli altri tre, che si sono uniti per la commemorazione sono Seamus, il fratello più piccolo di Cillian e Ferdia e Sorcha, marito e moglie, anche loro amici di vecchia data che vengono da Londra.
Seamus è al centro dell’attenzione di tutti, perché è uno scrittore e sceneggiatore di successo. Dopo la morte del fratello si è trasferito in California e ormai fa parte del mondo di Hollywood, tanto da aver portato sull’isola una troupe che girerà delle scene del film tratto dal suo diario.

Ma tutto si complica con l’arrivo sull’isola di una tormenta di neve, che blocca tutto e tutti, soprattutto quando Cara verrà avvisata che c’è un corpo che è fra le onde della Tana del Serpente e che il corpo è nientemeno che quello della sua migliore amica Maura Conneely.
L’autrice ci immerge nel paesaggio rurale dell’isola di Inis Mór, già isola con poco da offrire in estate figurarsi con una tempesta di neve. Niente telefoni, niente elettricità, niente comunicazioni col mondo esterno. Tutto ovattato dal manto di neve e dal vento che spira fortissimo. È in questa condizione che Cara si ritrova ad indagare in solitaria sulla morte della sua amica. Infatti chiunque abbia ucciso la sua amica, si trova ancora lì bloccato sull’isola come tutti loro.
Lo scatenarsi della tempesta, scandirà la scoperta di situazioni tenute segrete da anni. Di amori, tradimenti e vecchie ruggini.
Quando la tempesta darà loro tregua, sarà il momento in cui tutto ciò che era un segreto si rivelerà in tutta la sua cruda verità.

L’autrice è molto brava a unire la condizione climatica con il pathos del thrilling. È una componente fondamentale. Il buio, la neve, il vento complicano tutto quello che può essere la vita di tutti i giorni, figuriamoci su di un’isola senza collegamenti esterni e con un assassino che gira libero e potrebbe uccidere ancora. L’autrice non fa altro che creare ancora più suspense, per poi con il sereno, scoprire i veli dei segreti, come le nuvole nel cielo.
L’unica nota di biasimo che faccio all’autrice, essendo io stata in Irlanda diverse volte, e diverse volte anche a Inis Mór e a Dan Aengus, mi sembra un pochino inverosimile l’ultima scena, soprattutto con le condizioni climatiche che ci racconta durante tutto il libro, e che ho visto un po’ come la classica americanata da film.
Comune rimane un bel giallo da leggere tutto d’un fiato!

Silvia Marcaurelio

 

mercoledì 7 febbraio 2024

RECENSIONE - Le regole dello Shangai di Erri De Luca


Le regole dello Shangai ha per protagonisti una ragazza gitana in fuga da una famiglia che vuole imporle un matrimonio non desiderato con un uomo molto più anziano e un orologiaio che vive di tanto in tanto in campeggio in montagna, vicino al confine, forse croato, sloveno o austriaco.

Al riparo dal freddo e dal mondo, i due dialogano sugli uomini e sulla vita: la ragazza, che nella sua comunità di origine ha addestrato un orso e un corvo, crede nel destino e nei segni; l’anziano si sente un ingranaggio del mondo, che interpreta secondo le regole dello Shangai, come se giocare fosse un modo per mettere ordine.
L’orologiaio accoglie la ragazza e la protegge da oscuri personaggi che vagano per la montagna. Inizia così una strana amicizia, un’intesa che durerà a lungo, anche da lontano, e modificherà l’esistenza di entrambi.
Lui cerca una sistemazione definitiva per questa ragazza in cerca di sicurezza e di un futuro migliore, una possibile migrante come tanti di quelli che oggi seguono la rotta balcanica.
Ma il protagonista non è semplicemente un appassionato di montagna, è parte attiva di una rete di reclutatori di spie, con le sue regole ferree e le sue complesse dinamiche. Ma in questo caso tenta un'eccezione: sistemare questa ragazza senza strumentalizzarla o sfruttarla come possibile informatrice.
Quando la ragazza stessa scopre le trame di questo gioco, entra, quasi come per una sorta di restituzione dell'aiuto ricevuto, a far parte di questo ingranaggio occulto.
La comunicazione tra la ragazza, ormai diventata donna e adulta, e l’anziano orologiaio, che continua a passare, di tanto in tanto, settimane in tenda, nascosto sulle montagne, continua con lettere che chiariscono la complessa trama degli eventi.
Le regole dello Shangai è un romanzo breve ma denso, fondato inizialmente sul dialogo tra i protagonisti e, successivamente, sullo scambio epistolare. Nulla è scontato nella narrazione, che si tinge di giallo e ci fa rivivere un’atmosfera da guerra fredda.

Maria Lombardi

lunedì 5 febbraio 2024

RECENSIONE - Un ultimo istante di paura di Alex Finlay


 

Alex Finlay torna sulla scena in forma smagliante con il nuovo thriller Un ultimo istante di paura e in scena torna anche la detective dell’FBI Sarah Keller.

Dopo il successo de Il turno di notte Finlay ci delizia con una nuova e coinvolgente storia tutta da scoprire pagina dopo pagina.

La prima scena ci immette direttamente nel vivo della storia. Quasi tutta la famiglia Pine viene trovata morta, uccisa nel sonno, da quella che sembrerebbe una fuga di gas, nell’appartamento preso in affitto a Tulum, in Messico mentre erano in vacanza.

Quasi l’intera famiglia perché a sopravvivere sono i due fratelli più grandi che si trovavano in posti diversi: Danny, è in carcere a scontare la sua pena per l’omicidio della sua fidanzata Charlotte, e Matthew, alla New York University.

La storia dei Pine viene ricostruita in una sorta di alternanza di voci, capitolo dopo capitolo, ognuno ci parla di sé, raccontando la storia del “prima” della tragedia.

Evan Pine, il padre, è convinto che suo figlio Danny sia innocente, e che sia stato accusato ingiustamente e perde tempo, denaro e lavoro alla ricerca della verità.

Matt è il secondogenito che da tempo ha rotto con la sua famiglia, non va d’accordo con suo padre, un po’ per gelosia, un po’ perché lui pensa che suo fratello sia veramente colpevole; è convinto di averlo visto trasportare il corpo della fidanzata su una carriola la sera dell’omicidio.

Maggie è la sorella geniale, quella che aiuta il padre a indagare e a trovare nuovi appigli per cercare di far ottenere a Danny la grazia da quando era una bambina. È il fulcro della famiglia, è quella che crea il collante.

Olive, la madre, è disperata per quel figlio in prigione e per quello che non ha più rapporti con la famiglia. Cerca di sostenere suo marito Evan in tutto quello che fa, anche se la stanchezza la porta in bilico tra scelte passate e il presente che sta vivendo.

E poi c’è Danny, che di quella sera dell’omicidio della sua fidanzata non ricorda nulla, ma si è autoaccusato del delitto; non vuole vedere nessuno, ha tagliato i ponti con la famiglia, preferisce non vederli, perché sa di averli delusi tutti e perché non uscirà mai di prigione.

Sarah Keller dovrà cercare di dipanare la matassa di informazioni che ha in mano, da una parte per cercare di aiutare Matt Pine e dall’altra per far sì che la sua indagine sulla società Marconi LLP, per un presunto riciclaggio di denaro dei cartelli messicani della droga, non vada a incastrarsi in qualche situazione che le faccia perdere anni di lavoro. Sembrerebbe, infatti, che le due indagini possano essere correlate tra loro.

A dare forza, o ad inquinare le indagini, ci si mettono anche due registi, gli Adler, che all’epoca dell’omicidio di Charlotte, costruirono un documentario sull’innocenza di Danny e che vorrebbero continuare a guadagnare sulla storia, e girare un sequel di Una natura violenta.

Oltre agli Adler, ci sono anche altri personaggi comprimari che risultano molto importanti all’interno della storia e che fungono da legame tra la famiglia. Ci sono gli amici universitari di Matt, la banda dell’Isola dei Giocattoli Disadattati, che saranno di grande aiuto al protagonista a non sentirsi solo e abbandonato: Ganesh, Kala, Woo-Jin, Sofia e Curtis. Noah Brawn, vecchio fidanzato di Olivia, nuovo governatore del Nebraska, che ha appena sostituito il vecchio e corrotto governatore Turner.

Pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, Finlay ci porta a dipanare la matassa della storia, portandoci ora ad un colpevole, per poi scoprire, che non è così, ad un altro fino alla conclusione del caso.

I personaggi sono ben costruiti, ognuno ha la sua voce e anche la sua psicologia. A far da sfondo le grandi città come New York e Chicago o la provincia americana con tutta la sua spietatezza, dove gli sguardi e i chiacchiericci delle persone vengono a mano a mano ingigantiti e il disprezzo cresce, anche senza una ragione di fondo.

Il romanzo è avvincente e riesce a coinvolgerci fino alla fine con una trama ben congegnata e fitta di colpi di scena.

Consigliatissimo!

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - Berlino brucia. Un'indagine di Gereon Rath di Volker Kutscher

Volker Kutscher oltre ad essere stato un giornalista, è uno scrittore tedesco, molto molto bravo nel raccontare la storia della sua Germania nel periodo della Repubblica di Weimar. Infatti il suo protagonista, il commissario Gereon Rath, vive nella Berlino tra il 1929 e il 1934.
In Italia, dei primi tre libri, è stata trasmessa una serie tv famosa e di successo con il titolo tratto dal primo libro della saga, Babylon Berlin.
In effetti in quegli anni, Berlino doveva essere una vera e propria Babilonia. Reduci da una guerra che aveva succhiato sia linfa vitale che denaro, con la gente stufa di stringere la cinghia e con i nazionalisti che ringhiavano al mondo intero che di importante c’era solo la loro patria che doveva tornare a dominare il mondo.
La storia di questo quinto capitolo, inizia con Gereon alle prese con i festeggiamenti del famoso Carnevale di Colonia. Siamo nel 1933, alla vigilia di quelle votazioni di marzo che tutti pensavano fossero importanti per far fuori Hitler e i suoi nazionalisti, e lo sarebbero state, ma al contrario.

Suo padre lo vuole accanto a lui e alla sua politica che pubblicizza Konrad Adenauer, ma Gereon non si è mai interessato di politica e poi lui adesso abita a Berlino. Dopo una notte brava, viene bruscamente richiamato all’ordine. Deve rientrare, il Reichstag è stato incendiato e tutte le forze di polizia si devono mobilitare per la caccia agli attentatori. Per le SA di Göring è un complotto dei comunisti. Böhm all’inizio, però, lo trattiene alla sezione omicidi perché c’è un senzatetto, ex soldato, morto in circostanze strane, e lui e Gräf dovranno indagare su questa morte.
Sia Gereon che Charly, la sua fidanzata, e quasi moglie, vista la vicinanza del prossimo matrimonio, sentono che il loro lavoro sta cambiando. Le camicie brune sono dappertutto, e se prima erano la cosiddetta Polizia Ausiliaria, ora di ausiliario non hanno proprio niente e decidono anche i compiti che spetterebbero alla polizia prussiana.

Charly vede che non c’è più rispetto nemmeno per dei vecchi capi della polizia come Weiß o Böhm ed è cosciente, forse più di Gereon, che nelle forze di polizia ormai i nazisti si sono infiltrati nei posti di comando, come la sua commissaria capo, e che indietro non si potrà tornare tanto facilmente, ma soprattutto non si sa dove Hitler e il suo governo porteranno la Germania.
Gereon non le racconta nulla, ma anche lui ha dei grossi problemi. La polizia politica ha spostato praticamente tutti a interrogare gente presa per strada dalla polizia ausiliaria, con la scusa che siano dei complottisti comunisti, e che lui non può più indagare nemmeno su un vero omicidio. Anche se, come gli spiegano: “Era solo un senzatetto!”

I gialli di Kutscher sono veramente completi e coinvolgenti, uniscono al classico giallo una completa analisi storica di un periodo tremendo per la Germania.
Tutti i personaggi vengono raccontati in tutte le loro sfaccettature, soprattutto quando dialogano con sé stessi, nei propri pensieri. Hanno un dialogo di sottofondo che approfondisce il loro ritratto psicologico. Poi c’è Berlino, con tutte le sue descrizioni, protagonista lei stessa, dipinta da Kutscher come una città divisa in preda al caos politico e sociale, in uno dei periodi più bui della storia tedesca.
Il protagonista è alle prese con le tensioni politiche che ci sono all’interno delle forze di polizia e la sua lotta interiore per risolvere i crimini, quelli veri, e proteggere chi ama. Tutto è amplificato dalle sue emozioni contrastanti e dalle sfide personali che mette in campo per riuscire a essere in pace con sé stesso.

La trama è avvincente e piena di colpi di scena. Si sente la cupezza del periodo in ogni pagina che mantiene alta la tensione e la voglia di vedere cosa succederà alla fine.
Berlino brucia non è solo un libro giallo, è un libro che ci parla anche del lato politico, delle tensioni sociali di un’epoca di subbuglio storico. Kutscher si conferma un bravissimo scrittore nel combinare la storia, le indagini e una caratterizzazione riuscitissima dei protagonisti, che interagiscono anche con personaggi storici veramente esistiti, rendendo il tutto una storia coinvolgente e affascinante.

Silvia Marcaurelio


RECENSIONE - Morte sotto le macerie. Oppenheimer e la banda dei fazzoletti gialli di Harald Gilbers

 

Harald Gilbers torna a deliziarci il palato con il settimo libro della saga sul commissario Richard Oppenheimer. Siamo come sempre a Berlino, parte Ovest, quella dominata da americani, inglesi e francesi, nel 1949.
La crisi e la fame sono ovunque, la gente si arrabatta come può. Di lavoro ce n’è poco e molte persone che vivevano a Berlino Est, preferiscono passare ad Ovest, perché hanno capito che i sovietici stanno passando le consegne dei posti importanti a gente venuta direttamente da Mosca, e quello che rimarrà per i tedeschi saranno solo briciole.
Oppenheimer ha sempre questa sorta di oppressione che si porta sulle spalle. D’altronde lui è ebreo ma non ha subito la stessa sorte dei suoi amici, la deportazione gli è stata salvata dall’aver sposato una donna ariana in tutto e per tutto, e anche se è innamoratissimo di sua moglie Lisa, la cosa gli pesa eccome.

“Morte sotto le macerie” inizia con un uomo che scappa, scappa da una morte sicura che lo attende sotto le spoglie di giovani uomini che lo inseguono. Sembra essere arrivato in un porto sicuro, sembra che la sua astuzia lo abbia salvato, ma non è così.
Giorni dopo, in una discarica di macerie, quelle derivate dai bombardamenti alleati, viene ritrovato il suo corpo e quelli di altri due uomini come se fossero stati sepolti in una fossa comune. Il primo, era un informatore della polizia, un certo Hupke, oltre ad essere un ricettatore e un protettore.
Le indagini portano il commissario a inseguire una voce insistente. Una nuova banda di criminali, molto giovani, sta imperversando per le strade di Berlino, spaventando i vecchi boss. Sembrano divi di Hollywood, perché si presentano ben vestiti con completi eleganti, cappelli Fedora e il tocco distintivo di un fazzoletto giallo nel taschino, un po’ come i gangster di Chicago.

Per contrastare la minaccia di questi giovani crudeli, Oppenheimer si vede costretto a riunire una commissione speciale composta dai migliori investigatori della città.
Le indagini procedono comunque a rilento, molti informatori spariscono o preferiscono non parlare e i testimoni, rari, non sopravvivono a lungo per raccontare quello che hanno visto.
Il commissario Oppenheimer ha pochi mezzi, con cui combattere i criminali. E girare nel gelo con una bicicletta non aiuta.
Il gelo. È il simbolo dell’oppressione che in quel momento viveva la Berlino di quegli anni e Gilbers è bravissimo a raccontarcela. Si sente in tutto il racconto. Nell’uso dei cappotti in casa, nella scarsità di corrente elettrica, in una città post bellica in cui si fa fatica ad andare avanti tra miseria e disperazione.

In “Morte sotto le macerie” Gilbers ci dà, ancora una volta, la visione della Berlino post bellica, della vita dei protagonisti in quel contesto storico terribile del dopoguerra, allacciandole con la narrazione del thriller, che si interseca perfettamente in quello che sembra essere “il periodo perfetto”.
Ma Gilbers è bravo anche a presentarci un personaggio come Richard Oppenheimer, che nonostante tutto non ha perso la sua umanità e la sua voglia di giustizia.
Ben caratterizzati anche i compagni di avventura e sventura del commissario, tra cui Wenzel e Kubelik suoi colleghi, la moglie Lisa, il medico Hilde, il suo figlio adottivo Theo e tanti altri.

Bella la prosa usata dall’autore, e anche le tematiche introdotte con relativa facilità nella trama del thriller tanto da farne un tutt’uno. Sembra, che nel leggerlo si senta la sorta di oppressione che in quel momento imperversava sulla popolazione tedesca, ma soprattutto su Berlino Ovest, un puntino in mezzo a un mare di occupazione sovietica, con l’unica parvenza di sopravvivenza dovuta ai ponti aerei con la Germania dell’Ovest, molto vicina eppure molto lontana.

Silvia Marcaurelio

RECENSIONE - La stagione delle Erinni di Stefano De Bellis e Edgardo Fiorillo

 

La stagione delle Erinni è il seguito de “Il diritto dei lupi” pubblicato da Einaudi nel 2021. Le vicende si svolgono otto anni dopo la prima avventura che vide la partecipazione di Marco Tullio Cicerone e Tito Annio Tuscolano.
Siamo nel 72 a. C., sono passati ormai otto anni dalla morte di Gabello e Velia e Tito Annio Tuscolano, ex centurione, li ha passati in casa del suo amico morto, guardato con odio da sua madre, per aiutare Torquato, il padre, che lo considera quasi come un altro figlio.

Tito è stato sconquassato dalla morte di Gabello e Velia e cerca di espiare la sua colpa massacrandosi di un lavoro che non è il suo, fino a che qualcuno non lo troverà e lo riporterà nel mondo dei vivi.
Nel frattempo in Hispania, la morte di Sertorio fa terminare la battaglia che stava vedendo Roma soccombere. Ma gli alleati di Sertorio sono un po’ dappertutto, soprattutto a Roma e fanno paura. Misteriosi messaggi partono dal campo di battaglia di Sertorio, e qualcuno sa che sono pericolosi.

A Roma, nel frattempo, Marco Tullio Cicerone è alle prese con una successione testamentaria, quella del senatore Lucio Valerio Flacco Poplicola, che sembrerebbe trattarsi di venti milioni e mezzo di sesterzi a cui sia i Poplicola che Capella, padre della vedova di Flacco, la giovane Plauzia, non vogliono rinunciare.
Insomma i misteriosi messaggi e questa successione contrastata riformano la coppia che avevamo già osservato al lavoro ne “Il diritto dei lupi”: Marco Tullio Cicerone e Il Molosso, Tito Annio Tuscolano, per sbrogliare l’intricatissimo caso.

Il duo De Bellis e Fiorillo crea un romanzo su più piani dove è possibile individuare svariati generi e sottogeneri. Il libro è un thriller, ma anche un noir, una spy-story e un romanzo storico, tutti legati assieme su un piano logico. Dove i due protagonisti conducono indagini insieme a pretori e senatori e si trovano davanti opportunisti e nostalgici dei tempi andati, dove il più forte e il più intelligente potrà prevalere sugli altri ed acquistare potere.
Perché in fondo è quello che adesso ispira le maggiori cariche della Repubblica romana, come Marco Licinio Crasso o Quinto Ortensio Ortalo, uomini ricchi e di grandi ambizioni.
Le indagini di Cicerone e Tito li porteranno tra le vie della Suburra e nelle ville più prestigiose dell’Urbe, perché la posta in gioco è molto alta, la salvezza della Repubblica di Roma.

I nemici non solo sono dei doppiogiochisti, ma anche dei voltagabbana, e l’azione non è unica, ma ha molti sviluppi e gli attori impegnati a racimolare qualcosa sono molti. Tutti vogliono mangiare dalla carcassa di Roma.
Forse l’unico a essere un onesto esecutore e ammiratore della Repubblica è proprio Cicerone, ma per questo è un uomo disarmato di fronte agli altri.
Anche Tito, che sembrerebbe l’archetipo dell’ex centurione, beone, mercenario e giocatore d’azzardo, è altro. È un uomo con un alto senso di colpa per tutto quello che non ha creato nella vita e per quello che la vita gli ha riservato. Nonostante tutto è onesto e crede fermamente in Roma.

Belli i personaggi di contorno che fanno da sfondo alle indagini dei due protagonisti.
Molto bene Astragalo, che solo sentirlo parlare ti fa sorridere. Le sue scenette con Tito sono spassose. Molto bene Mammina-Flavia, ex moglie di Tito, ancora alla ricerca di sé stessa. Bella la parte di Appio Claudio Nero, il cattivo per eccellenza, subdolo e meschino quanto basta, feroce e tagliente quando vuole. Insomma, un bel romanzo con un intrigo niente male, che fa venire voglia di arrivare al termine tutto d’un fiato.
I due autori sono stati bravissimi a intessere la tela della trama, ma soprattutto a inserirla nel contesto storico vero, e anche a delineare la società romana dell’epoca, con i suoi usi e costumi. Sembra davvero di percorrere le strade della Suburra, sentirne gli “odori”, vederne i colori. Oppure passeggiare o stare sdraiata su un triclinio nelle ville sull’Appia e sul Palatino, dove i ricchi vivevano lontano dalla plebe.
Molto bello, ne consiglio vivamente la lettura. Può essere letto anche senza aver letto il primo libro “Il diritto dei lupi”, anche se è sarebbe meglio farlo, per cercare di conoscere meglio le caratteristiche dei personaggi principali.

Silvia Marcaurelio